Non siamo gli eroi

Che belli che erano i film catastrofici americani.
Le americanate, quelle in cui gli alieni o un disastro naturale, o anche un virus, colpiscono gli Stati Uniti, e per sineddoche tutto il mondo, ma gli Stati Uniti, grazie a uno sparuto manipolo di eroi, salvano tutti quanti.

Un memorabile Giuseppe Conte nel ruolo di Bill Pullman ci spiega perché gli alieni periranno

Per me, cresciuto imbevuto di questo tipo di narrazioni, il momento attuale è quantomeno straniante. Perché mi trovo nella situazione di quelli là che non facevano niente, le comparse, quelli a cui il PRESIDENTEDEGLISTATIUNITIDAMERICA (‘Signor Presidente’) chiedeva uno sforzo, un sacrificio. I non protagonisti. Quelli che poi non morivano neanche, o forse sì, tanto non se ne parlava. D’altronde non ho mai visto un film catastrofico in cui c’era l’improvvisatore che si sacrificava sull’asteroide.

Penso che con l’improvvisazione si possa cambiare il mondo.
Ma il momento attuale mette tutti a dura prova. Perché le regole dell’improvvisazione, quelle che tanto amo e che ho portato nella vita quotidiana, si scontrano con quello che umanamente, visceralmente vorrei fare adesso.
L’improvvisazione dice di ascoltare, leggere quello che ci arriva dagli altri, dalla storia, accettare quello che la storia porta, adattarsi; il presente costringe a stare lontani, in casa, con l’impossibilità di improvvisare come vorremmo.
E io vorrei vedere altri improvvisatori, vorrei fare lezioni, fare spettacoli. Perché è il mio lavoro, perché mi piace, ma anche, naturalmente, perché vorrei esprimermi e dare sfogo a quell’innato bisogno narcisistico di essere al centro dell’attenzione. E che c’è di male?

Che ora non si può. Punto.

E non è come lo smart working, che magari prenderà piede in seguito a quest’emergenza, non saprei dire se finalmente o meno.
L’improvvisazione si fa in presenza, si farà sempre in presenza reale, fisica. L’improvvisazione, quasi tutta, non è una serie di abilità da imparare, di teoria da capire, è il piacere di scoprire un tipo di socialità, di interazione, di rapporto umano che proprio i social media (tra le altre cose, eh) hanno confuso e aggredito negli ultimi anni.
– Ok boomer! –
Invece no, anche io ho lo smartphone, il personal computer e tutte quelle diavolerie moderne, sono teledipendente da 33 anni, faccio le videochiamate con amici e parenti, ho sempre diffidato di chi, vantandosi un po’, dice di non avere la televisione. Che poi vuol dire non avere il televisore, ma va beh.
Però l’improvvisazione è sempre stata per me un antidoto all’ansia di controllo che la vita iperconnessa ci porta: nostalgia per il passato, vissuto o non vissuto, paura di non essere fisicamente dappertutto per vivere le vite degli altri, così migliori delle mie, paura di non poter controllare il futuro, pieno di cose inaspettate e quindi terribili.

Da quando è stato chiuso tutto la storia, o la Storia, ci sta chiaramente dicendo: “prendetevi una pausa, riflettete, ragionate un attimo su quanto correte, su quanta ansia e disperazione c’è dietro a questo correre”.
E quindi per quanto faticoso sia, mi sono fermato.
Riflettendo e ragionando sul perché dovrei fare corsi online o spettacoli con persone a casa loro. A che bisogno rispondo? Non voglio vivere nell’ansia (rieccoci!) di non avere un pubblico, di non avere l’applauso e non voglio che i miei allievi o il pubblico vadano in crisi d’astinenza da improvvisazione. Adesso sarebbe tagliata male. La roba buona ritornerà tra un po’.
Il bello è che proprio l’improvvisazione, e la filosofia che si porta dietro, mi stanno facendo accettare il non improvvisare. Pensa che brava st’improvvisazione. È come un partner che ti lascia spazio perché è meglio per te.

Non siamo gli eroi. Almeno non di questo film catastrofico.
Ma i film finiscono, la prossima storia avrà nuove sfide e nuovi linguaggi. L’opportunità che il virus sta dando all’improvvisazione è quella di riflettere su se stessa, e far riflettere chi la fa, non per avere nuovi strumenti tecnologici, ma per essere più pronti quando la prossima storia inizierà.

2 Comments on “Non siamo gli eroi”

  1. Grande Davide, pezzo bellissimo! pensa in che situazione invece mi trovo io attualmente: insegno pasticceria in un alberghiero..facendo videolezioni pratiche..!

    un abbraccio e saluta la family!

    MARCO

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