S’improvvisa in TV

Sabato scorso è andato in onda Comic Box su Rai5, spettacolo della LIIT (l’avete visto? è qui!), che mi dà lo spunto per il post.

La televisione, così come il cinema d’altra parte, sembra la perfetta antitesi dell’improvvisazione teatrale. A ben guardare, infatti, le caratteristiche dello spettacolo di improvvisazione sono innanzitutto un rapporto diretto con il pubblico e la sua non riproducibilità. La televisione esalta il contrario. Il pubblico è per la maggior parte seduto sulle sue poltrone, e cerca programmi rassicuranti, simili, riconoscibili, che può eventualmente rivedersi.

Ci sono stati, e ci sono, dei tentativi di portare l’improvvisazione in televisione, o comunque provare il connubio tra improvvisazione e video.

Il più famoso è il programma Whose Line Is It Anyway?, che nasce come programma radio e va in onda dal 1988 al 1998 in Inghilterra, e dal 1998 al 2004 nella serie americana sulla ABC. L’idea è molto semplice, una serie di improvvisazioni brevi e dal ritmo molto rapido, pensate per la televisione. L’uso dei sottopancia permette al pubblico di sapere cose che gli improvvisatori non sanno, amplificando l’effetto comico. Si tratta di improvvisazione vera, anche se le scene mostrate in televisione sono le migliori, in seguito a un accurato lavoro di editing. Le registrazioni infatti durano molto di più dei 24 minuti di programma, ma in sede di post produzione vengono scelte solo le scene migliori.

Il conduttore Drew Carey, in seguito alla chiusura del programma nel 2004, propone altri due format che portino l’improvvisazione in tv, ma di minore successo rispetto a Whose Line: Green Screen Show (2004-2005), con tutte le improvvisazioni girate di fronte a un GreenScreen e l’aggiunta di scenari e oggetti in postproduzione, e Drew Carey’s Improv-A-Ganza (2011), che ritorna all’antico, con giochi di improvvisazione senza particolari orpelli, ma stavolta in un teatro di Las Vegas.

Tutti i programmi non sono in diretta e hanno pubblico in studio (o in teatro), per permettere all’improvvisazione di essere in qualche modo ‘epurata’ e per permettere l’interazione con il pubblico.

Ma, soprattutto, in Whose Line la chiave sta nella capacità degli autori di suggerire situazioni o personaggi già interessanti e nella grande verve degli attori, tra cui si ricordano Stephen Fry (nella versione inglese), Wayne Brady, Colin Mochrie e Ryan Stiles (in quella americana).

Whose Line Is It Anyway? viene riproposto, con lo stesso formato, in molti paesi del mondo.

Un altro programma pensato per la tv è SchillerStrasse. Format tedesco creato da Maike Tatzig, in onda in Germania dal 2004. L’idea è di ambientare in un luogo, l’appartamento del protagonista, situato nell’inventata Schiller Strasse di Colonia, una serie di situazioni tipiche da sit-com. L’elemento di improvvisazione viene dagli autori, che comunicano agli attori tramite un auricolare delle particolari gag da interpretare o dire. Il format è arrivato anche in Italia nel 2007 con il nome di Buona la prima, cui probabilmente ogni improvvisatore si è visto accostare da amici non particolarmente ferrati sulla materia.

Buona la prima è un programma che ha raccolto un buon successo, grazie soprattutto alle ottime doti comiche dei protagonisti Ale e Franz, e a un buon cast di supporto. E’ certo che a un purista dell’improvvisazione il programma fa storcere un po’ il naso, visto che ogni proposta degli autori viene in genere interpretata e poi dimenticata, senza nessun tentativo di reincorporazione nella storia. Spesso i suggerimenti degli autori vengono commentati dagli attori con un classico: ”ma sei pazzo?” (e tutti i suoi derivati)

Insomma, gli aspetti imprevedibili che nell’improvvisazione nascono dalla spontaneità del rapporto tra gli attori e vengono reincorporati a servizio di una storia qui si fondono nella fantasia degli autori. Detto questo, Buona la prima ha il grande merito di aver (ri)messo la parola ‘improvvisazione’ in televisione e nella mente di molte persone, lontane dagli spazi teatrali e dal circuito infinitamente più piccolo di cui facciamo parte.

Un altro format televisivi fatti d’improvvisazione comica è Wild’n Out, ideato da Nick Cannon e prodotta nientepopodimeno che da MTV, dal 2005 al 2007. Che di MTV ha sicuramente l’impronta. Vogliamo dire una tamarrata? Sì. Però ben fatta. Fondamentale l’autoironia del presentatore e la presenza di grandi star del mondo hip pop e pop americano.

E poi Thank God you’re here, format australiano in onda dal 2006 al 2009. Forse il tentativo più interessante di conciliare l’improvvisazione teatrale con la televisione. Il format ha visto anche una stagione italiana (2009) con il titolo di Grazie al cielo sei qui!

Oltre che sulla presenza di Francesca Inaudi (ma solo in una puntata, dannazione!) il format è sicuramente poggiato sulla capacità degli attori-improvvisatori di reincorporare tutte le possibili proposte dei VIP, che spesso tendono ad voler esagerare con le idee ‘creative’, nonostante la struttura sia ben definita dai costumi (e da qualche proposta di canovaccio). Interessante anche l’idea di giudici illustri che diano un responso sulla performance dell’ospite speciale, sullo stile dei talent show.
Nonostante tanti nomi celebri che partecipano, il programma in Italia non ha successo, complice anche una produzione abbastanza imponente, considerato il rischio del prodotto. Personalmente credo che si avverta troppo (nonostante i continui, irritanti, sottopancia) la quantità di preparazione degli sketch, che quindi risultano soltanto delle scene curiose ma non abbastanza divertenti.

Nel 2012 l’improvvisazione teatrale torna in tv in maniera rilevante grazie alla partecipazione di Tiziano Storti e Massimo Ceccovecchi a Italia’s Got Talent, con performance di improvvisazione in rima e con parole donate dai tre giudici. I due di VerbaVolant hanno successo e arrivano alla finale, dove però vince un uomo bandiera (questo la dice lunga su quanto l’improvvisazione sia considerata…)!

L’esperienza che però rimane più impressa agli spettatori italiani (anche dopo 15 anni) quando si parla di improvvisazione in TV, sono i Match trasmessi dalla Rai nel 1998 e 1999. Tutti i più importanti improvvisatori dell’epoca, facenti parte della LIIT, si sfidano per otto serate, tardi, all’interno del programma Serra Creativa. Chi scrive è uno di quelli (tanti ancora oggi) che hanno conosciuto l’improvvisazione teatrale tramite quelle serate. I Match funzionano, non sono particolarmente modificati in fase di post-produzione, gli attori hanno abbastanza libertà, e  improvvisano davanti a un pubblico teatrale, ripresi in multicamera. Nessun ospite (a parte la collaborazione con Sandro Ciotti, storica ‘voce’ delle domeniche calcistiche italiane), nessun clamore mediatico. Eppure prende piede.

I motivi per cui quell’esperienza si spegne così presto, che ho cercato più volte di conoscere chiedendo anche ai diretti interessati di quelle serate, mi sono ancora abbastanza oscuri. Difficoltà produttive, certo, scarsità di interesse, meno (il programma andava in onda molto tardi, in terza serata, dove l’audience diventa meno dispotica), esplosione di un tipo di comicità basata sulla ripetitività, probabile (i 2000 sono gli anni di ”Chi è Tatiana???” e altre meraviglie…).

Adesso il mondo televisivo è cambiato, la pletora di televisioni su piattaforma digitale e via cavo, unita all’esplosione (controllata, a dire il vero) delle web tv, aumenta le possibilità, anche se i problemi sono gli stessi di sempre: paura che l’improvvisazione possa uscire dal controllo, creando soprattutto tempi morti e difficoltà di gestione registica; difficoltà produttive, perché uno show di cui si butta via la metà in fase di post produzione ha dei costi maggiori di uno che si registra e basta, con il suo bel testo, inoltre è necessaria la presenza di un pubblico, per sottolineare l’aspetto di improvvisazione. Altrimenti si dovrebbe puntare su una ancor più costosa e complessa (oltre che probabilmente ingestibile) diretta.

Vedremo se Comic Box può aprire una nuova strada. Cosa ne pensate?

3 Comments on “S’improvvisa in TV”

  1. Ciao Davide,
    Te lo dico per esperienza diretta (di mestiere scrivo per radio e tv, principalmente su canali generalisti). Quando pronunci la parola improvvisazione in ambienti televisivi i produttori Italiani scappano nemmeno fosse un documentario su bambini che lavorano per la Nestlè mentre vengono molestati da Arcivescovi gay.

    I motivi sono vari e tra questi NON c’è la paura dei contenuti (che ho spesso sentito tirare in ballo) visto che comunque il programma non sarebbe senz’altro in diretta. Non c’è nemmeno il costo visto che un prodotto di improvvisazione, non costerebbe nemmeno tantissimo, rispetto ad altre produzioni. Normalmente la risposta che ti viene fornita è che l’improvvisazione (come la intendiamo noi) in tv semplicemente “non funziona”. Te ne potrei citare diversi di motivi che mi son sentito ripetere, ma mi limito a 3.

    Uno: gli spettatori da casa sono portati a pensare che NON sia improvvisato e che dunque, non sia sufficientemente virgolette aperte di qualità chiuse virgolette (dove sono i tormentoni? dove sono le buffe parrucche? dov’è Tatiana?). Se vi ricordate bene, durante “Buona la prima” (e durante altre brevissime impro-esperienze televisive Italiane, match escluso) passavano costantemente i sottopancia “GLI ATTORI STANNO IMPROVVISANDO” come a giustificare la scarsa aperte virgolette qualità chiuse virgolette dello spettacolo. Tenete presente che se avessi un centesimo per ogni volta che un responsabile di rete mi ha detto “questa battuta è troppo difficile (in gergo si dice “alta”) per il pubblico a casa” sarei ricco (e la battuta in questione nel 90% dei casi contiene la parola “cacca”, tanto per dire..)

    Due: l’improvvisazione teatrale include una percentuale di rischio fallimento che per quanto minimizzabile con l’esperienza [ma poi l’improvvisazione dove va a finire?altro discorso], esiste, mentre nella comicità di testo ormai si riesce a far ridere il pubblico con poco più di una scorreggia a cavallo. Uno dei comici più pagati d’Italia è uno che fa dei malapropismi il suo cavallo di battaglia (“le vene vorticose” e altri capolavori per bambini di quarta elementare) mentre gente tipo Corrado Guzzanti fa spettacoli per lo zero virgola share. Questa piccola a piacere percentuale di rischio non è che non è accettabile, semplicemente non vale la pena accettarla, visto che con molto meno sforzo si ottiene almeno lo stesso risultato, se non migliore.

    Tre: (e qui il movimento improvvisativo Italiano ha da fare un pò mea culpa). Negli ultimi anni, che vi piaccia o no, l’improvvisazione teatrale si è spostata dal “teatrale” per finire, non tanto al “cabaret” (che sarebbe diverso, ma qualcosa) , ma purtroppo spesso all’animazione da villaggio. Ho avuto esperienze dirette di produttori tv o capoautori che mi dicevano : “Ah si improvvisazione… sono andato a vedere uno spettacolo di improvvisazione recentemente…una roba da villaggio turistico abbastanza scadente”. Non saranno certamente tutti così, ma ormai per quanto ci piaccia dire (e insegnare) che si tratta di “Improvvisazione teatrale” la commercializzazione sfrenata del bacino utenti e la necessità economica di aumentare il numero degli improvvisatori ha inevitabilmente portato all’abbassamento medio della qualità degli spettacoli (foss’anche dal punto di vita soltanto teatrale). In più il fatto che in Italia (e in pochissimi altri posti nel mondo) l’improvvisazione non abbia dignità di genere ma sia soltanto considerato , ahinoi, un limbo per chi non è sufficientemente bravo per fare l’attore o per fare il comico, non aiuta. In ogni caso, questo ci addolcisce un pò la pillola, negli ultimi periodi ci si è comunque convinti che “Il teatro in tv non funziona” (se avessi un centesimo anche per ogni volta che ho sentito questa frase avrei una decina di centesimi). Speriamo che col digitale, foss’anche su TelePadrePio, qualcosa potrà cambiare nei prossimi tempi.

    Piccolo aneddoto deprimente. Vado a fare l’autore in uno show comico di prima serata. Mi dicono: c’è un comico che improvvisa. Penso: “wow, fico, non vedo l’ora di conoscerlo” e già mi immaginavo scenari fantastici aprirsi per il ritorno dell’improvvisazione nella tv in Italia. Mi dicono: improvvisa un monologo. Penso “fantastico, sarà un fenomeno allora. Visto che ha passato la selezione…”. Arriva questo tizio e dice “allora io improvviso un monologo su qualsiasi argomento. Pubblico datemi un argomento!”. “Il mare”. “Ok, la pasqua. Mia nonna a pasqua…”. Per fortuna che a quella produzione ero andato già depresso o non ne sarei uscito.

    Ovviamente, dovessi essere smentito e rivedere l’improv in tv in Italia, sarei il primo ad esserne felice (ma sarà poi il posto giusto? E per cosa? Altro enorme discorso).

    Ciauz,
    Francesco

    • Grazie Francesco!
      Speravo che rispondessi… in pratica mi hai fatto mezzo post con informazioni molto più succulente!
      Non è un post particolarmente ottimista, apre discussioni che forse è meglio fare altrove (ci interessa davvero andare in tv? perché? l’improvvisazione ‘di qualità’ non può andare in tv? cos’è l’improvvisazione ‘di qualità’? cos’è la ‘tv’?).
      Comunque cominciamo una campagna per una improwebtv. I soldi ce li mette… ehm…

  2. Quoto francesco portando l’esperienza di noi 4 improvvisatori match modenesi/parmigiani che 2 anni fa ci siamo presentati a Italia’s Got Talent con il progetto comico degli Angels Prut. 4 puntate di pura improvvisazione solo perche’ il format lo permetteva poi nostro malgrado costretti a frequentare laboratori di famose trasmissioni tv perchè gli autori non accettavano nemmeno più una virgola improvvisata “se non ce lo fate leggere prima per noi e’ troppo rischioso”….e il rischio Tatianaaaaa sempre più all’orizzonte….
    Che sia la radio l’ultima vera frontiera improvvisata per forza?

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