Le brutte abitudini
Avete letto Impro for Storytellers? No? Male! Il libro di Keith Johnstone va letto. E riletto.
Non è necessario prendere tutto quello che c’è scritto come oro colato, ma è importante considerare che su questo libro si fonda lo stile improvvisativo più diffuso al mondo.
Tornato da un’indigestione di improvvisazione johnstoniana, tra Festival di Wurzburg e ITI Conference sempre a Wurzburg, oltre al weekend internazionale a Milano dove la più famosa discepola di Johnstone, Patti Stiles, ha elargito ulteriore Verbo, me lo sono riletto. E ho trovato, al solito, nuovi stimoli.
Il capitolo 6 (”Making things happen”) descrive accuratamente una serie di ‘brutte abitudini’ che si tendono a riscontrare quando si improvvisa e che non permettono l’evolvere della storia. Per esemplificare meglio Keith usa Cappuccetto Rosso.
Qui sotto la traduzione, come al solito al gusto di pane e salame:
BLOCKING
-Porteresti queste focacce alla nonna?
-Ma mamma, è andata in vacanza!
Il generico ‘no’. Rifiutare una proposta. Ma non solo in senso verbale. Si può rifiutare anche con il corpo, la mimica, il gesto. Si fa per rimanere in controllo. Si può rifiutare la proposta di un altro, anche in modo sottile (”Vuoi caffè?” “Tè, grazie!”), ma anche una propria proposta (”Ci facciamo un bagno in piscina?”-“Ok!”-”Ah, no, mi spiace, è vuota…”). Il rifiuto delle proposte proprie, dell’altro, dell’improvvisazione ci impedisce di metterci in gioco. Di fatto, ci impedisce di improvvisare.
BEING NEGATIVE
-Porteresti queste focacce alla nonna?
-Ma la nonna brontola sempre, e poi puzza terribilmente!
-Purtroppo non può evitarlo, va’ lo stesso!
-E poi sta piovendo!
Avere un atteggiamento negativo o indolente nei confronti delle proposte. Si può fare, se però è inserito bene nel personaggio, altrimenti diventa un altro modo di bloccare l’improvvisazione
WIMPING
Cappuccetto Rosso incontra il lupo ma non gli dice che deve andare dalla nonna
Accettare un’idea ma evitare di definirla, non andare nello specifico. Per esempio aprire una scatola e passare un buon quarto d’ora a accarezzare, palleggiare, leccare quello che c’è dentro senza chiarire cosa sia. Ogni definizione è giusta, ma per paura di prenderci una responsabilità non la diciamo. Aspettando la risposta migliore (leggi: più creativa). Una sottocategoria è il PIMPING, ovvero far fare a qualcuno qualcosa che non si ha la forza di specificare (es. ”Leggi questa lettera, è per te!”).
CANCELLING
Cappuccetto Rosso incontra il lupo e scappa a casa dalla mamma
Smontare qualcosa che si è precedentemente stabilito, impedendo uno sviluppo dell’azione. Accendiamo un fuoco per qualche motivo e immediatamente facciamo cadere la pioggia, per spegnere il fuoco. Può essere un buon modo per chiudere una storia, ma non per iniziarla.
JOINING
-Che bocca grande che hai nonna!
-Per mangiarti meglio!
-Beh, la mia bocca è altrettanto grande, sta’ attenta!
Reagire alle proposte del compagno con la stessa intenzione, evitando così un rapporto dinamico (di status). Ci impediamo di essere modificati dalla proposta dell’altro, il nostro personaggio non cambia. Un buon uso è all’inizio delle scene, per rinforzare la piattaforma.
GOSSIPING
-Ti ricordi quando il lupo ci ha mangiato nonna?
-Oh sì! Che fortuna che il cacciatore fosse lì per salvarci…
Discutere di cose che stanno accadendo da un’altra parte, magari a un altro personaggio o che sono accadute nel passato. Anche qui è difficile che i nostri personaggi cambino.
AGREED ACTIVITIES
Cappuccetto Rosso e il lupo giocano a nascondino, poi ballano un po’ insieme, poi si rincorrono, poi…
Lo stesso del GOSSIPING ma con le azioni. Si fa la stessa azione, ma senza reale dinamica e senza cambi.
BRIDGING
Cappuccetto Rosso sta per incontrare il lupo, ma si ferma a raccogliere dei fiori, poi si fa un bagno nel fiume, trova un pesce e ci parla, poi esce dal fiume e raccoglie altri fiori, poi…
Si ha quando c’è un’azione drammatica che può far evolvere la storia, ma non la si affronta, si fa altro. E’ un modo molto comune di raccontare le storie negli spettacoli ‘sportivi’: l’evento è alla fine, anziché essere il punto di partenza della storia. Ad esempio il suggerimento dal pubblico è ‘licenziamento’: la scena riguarderà il dipendente e il capo ma il licenziamento avverrà solo alla fine. Ci evita di affrontare le cose, avere reazioni forti e cambiare, anche se può essere un buon espediente per creare suspense o un climax.
HEDGING
-Cosa dirai alla nonna, mia cara?
-Ci penserò quando sarò nel bosco, mammina!
Come il BRIDGING. Ma, invece di avere una chiara azione che si ‘decide’ di posporre, si parla nella speranza di trovarne una.
SIDETRACKING
Cappuccetto Rosso intravede un lupo dietro un albero, ma improvvisamente cade in una buca
Spostare l’attenzione su qualche nuovo elemento invece che concentrarsi su ciò che c’è. Si fa quando si pensa che non stia succedendo niente. Due spie stanno inseguendo un nemico e lo stanno per prendere, ma entrano in un ristorante per farsi una bella mangiata. Nelle scene brevi è in genere sinonimo di blocco e agonia della storia, mentre se si ha più tempo è possibile che rappresenti un elemento che, reincorporato, aggiunge colore alla nostra storia.
BEING ORIGINAL
Cappuccetto Rosso sta per uscire di casa, quando improvvisamente le cade in testa una tonnellata di spaghetti
Situazione in cui si inserisce qualcosa di inutilmente ‘creativo’, aspettandosi di essere ammirati per questo. Il problema è che spesso, se gli altri improvvisatori considerano originale la nostra proposta, la storia parlerà solo di quello, dimenticandoci le premesse.
LOOPING
Cappuccetto Rosso raccoglie qualche rosa e qualche violetta, poi raccoglie delle albicocche mature, poi raccoglie dei funghi e dei lamponi, poi…
Continuare a ripetere una certa azione o situazione all’infinito, senza rapporti, senza evoluzione.
GAGGING
Cappuccetto Rosso prende da un bicchiere la dentiera della nonna ed esclama: ”che bocca grande che hai!”
Battuta su battuta, gag dopo gag. L’improvvisatore evita di andare al punto, non accetta le proposte e neanche ne fa, preferendo prendere in giro la situazione e quello che accade. La gag può essere una buona chiusa ma non può essere quello su cui una storia poggia
COMIC EXAGGERATION
-Porta queste focacce alla nonna, queste mele, questo manzo. Ah, non dimenticare questo frigo, più questa intera collezione di enciclopedie…
Quando, per essere divertenti, si esagera con le battute o con la comicità. Il problema è che lo si fa per evitare un coinvolgimento emotivo del proprio personaggio. E che una volta che hai fatto una battuta migliore della precedente, la terza deve essere più divertente, la seguente meglio ancora, e così via…
CONFLICT
-Dove stai andando bella bambina?
-Vai via, non parlo coi lupi!
-Vieni qua!
-Ahi! Mi fai male al braccio! Prendi questo! E questo!
-Piccola monella! Ora ti mangio in un sol boccone! Ahi! Smettila di darmi calci!
Inteso come continuo litigio. Impariamo da subito che dramma=conflitto, ma la scena basata sul conflitto si ferma se non c’è la risoluzione del conflitto stesso. Cosa che non accadrà se ogni improvvisatore vuole essere il ‘vincitore’ della contesa. Può essere usato in maniera costruttiva per sostenere il climax della tensione.
INSTANT TROUBLE
La mamma sta preparando le focacce da dare a Cappuccetto Rosso, quando improvvisamente il lupo spunta dal camino e se le pappa in un sol boccone!
Mettere subito un problema, magari iniziare una litigata o una sgridata a un altro improvvisatore. Spesso i principianti lo fanno per imbrigliare le paure e la negatività, dando vità però a storie noiose.
LOWERING THE STAKES
-Ora ti mangio in un sol boccone!
-Fa’ pure, sono stata mangiata un sacco di volte, ma arriva sempre il cacciatore a salvarmi
Minimizzare una situazione. Legato alla fiducia e alla voglia di mettersi in gioco. Se il mio personaggio ha un colloquio di lavoro non è uno dei tanti che ho da fare, ma il più importante. Ci sono molti modi di dire che esemplificano bene questo vizio. Frasi come: ”ti ho detto mille volte che…”, ”lo sai benissimo che…”, ”ogni volta fai così!” e tante altre, fanno capire che quello che sta succedendo succede sempre, non è così importante. Abbiamo la nostra risata e la storia si ferma lì.
Nel capitolo, oltre alle descrizioni delle brutte abitudini, ci sono esercizi finalizzati all’individuazione e superamento delle stesse. Quindi leggetelo!
Un’altra di quelle cose da appendere all’ingresso di qualunque scuola di impro.
Che chi fa arti marziali ha i kanji, noi potremmo avere le massime di KJ (e non solo).